Leggere il “De Profundis” di Oscar Wilde a 119 anni dalla prima pubblicazione

Melania Spedaletti

Scritta nel 1897 nel carcere di Reading, e pubblicata per la prima volta l’11 febbraio 1905, l’opera, una lunga lettera indirizzata all’amato Lord Alfred Douglas, può ancora insegnarci tanto sui pensieri più autentici dello scrittore e sull’amore.

Melania Spedaletti

«Bisogna che oggi l’Amore rimanga nel mio cuore; come farò altrimenti a vivere fino a stasera?»

con questo interrogativo il poeta e scrittore inglese Oscar Wilde (nato a Dublino il 16 ottobre 1854 e morto a Parigi il 30 novembre 1900) ci restituisce tutto lo struggimento che animò il suo cuore. Lo fa proprio nel De Profundis, una lunga lettera scritta nel 1897 durante la permanenza nel carcere di Reading, nel Berkshire, in Inghilterra, e pubblicata postuma l’11 febbraio 1905, esattamente 119 anni fa. Wilde era stato incarcerato per «gross indecency», il reato che puniva l’attività sessuale tra maschi adulti. Il periodo che passa tra le sbarre si rivela in realtà catartico perché attraverso il silenzio e la scrittura ha l’opportunità di entrare in relazione diretta con i suoi pensieri e i suoi sentimenti nei confronti dell’amato Lord Alfred Douglas con cui portava avanti da anni una relazione che oggi definiremmo tossica.

L’amore altalenante per Douglas aveva prosciugato il portafoglio, il cuore e la vena artistica dell’autore del Ritratto di Dorian Gray ma, come accade purtroppo da sempre nelle relazioni più infelici, Wilde non riusciva ad allontanarsene. Nella lettera fa un paragone tra com’è in compagnia di Douglas e com’era prima, ripensando all’artista che alberga in lui appassionato di Arte e Cultura. Egli fa continui riferimenti riguardanti l’Odio, un’arma dell’ignoranza che non porta a nulla ed acceca, e l’Amore, l’unica cosa che gli serve per sopravvivere: «Soltanto ciò che è nobile può servire di nutrimento all’Amore. Ma qualsiasi cosa serve di nutrimento all’Odio».

Il punto è: quale amore? Infatti, altro tema molto importante è la sofferenza, che va vissuta, insieme a tutte le altre emozioni, senza filtri perché: «Il vizio supremo è la superficialità. Tutto ciò che è vissuto fino in fondo è giusto». Il Dolore ci dona consapevolezza e tramite esso, ci insegna ancora il poeta, è possibile incrementare il nostro
intelletto. Così, dietro lo scrittore, scopriamo l’uomo. Il carcere diventa metafora di relazioni sbagliate in cui per mancanza spesso di coraggio, ci rinchiudiamo; il carcere diventa metafora della possibilità di rivalsa verso sé stessi, metafora della vita e di quei momenti in cui per andare avanti abbiamo bisogno di fermarci a riflettere da soli con il nostro Io. Perché leggere quindi un libro di oltre un secolo fa? Perché ci insegna a trovare il coraggio di lasciare andare ciò che ci fa stare male.

Wilde in carcere realizza che l’amore non può essere tossico e alla lunga lettera affida il suo addio all’amato. In questi giorni in cui coriandoli e stelle filanti si mescolano a cuoricini e cioccolatini, il messaggio del “De Profundis” ci giunge quanto mai profondo.