Un singolo incontro, poche ore e una manciata di minuti possono assumere un significato importante, se ben sfruttati. Giuseppe La Venia questo lo sa molto bene, infatti il suo incontro a Bronte, nell’Istituto “Benedetto Radice”, ha lasciato il segno in tutti gli studenti.
Il giornalista noto al panorama nazionale ha incontrato gli studenti dell’Istituto lo scorso 19 dicembre mettendosi a nudo e mostrando alcuni retroscena del suo lavoro non certo facile. È un cambio di ruolo per lui, abituato ad intervistare, essere intervistato: «È più facile fare le domande che dare le risposte», confida ai ragazzi che lo accolgono con occhi scintillanti di curiosità mentre lo ascoltano con vivo interesse. Eppure, di risposte ne abbiamo bisogno, soprattutto in un momento storico in cui distinguere le notizie vere da quelle false non è affatto semplice. Ed è proprio questo il motivo che, come spiega, lo spinge spesso ad accettare, nei momenti di pausa, gli inviti delle
scuole.
«Quando ho saputo di dover venire qui ho cercato un argomento per catturare la vostra attenzione. Inizialmente ho pensato alla cattura di Matteo Messina Denaro, visto che ognuno di noi si è ritrovato a commentarla e a fare supposizioni che non hanno mai ricevuto una vera risposta, ma, da circa un mese, è un altro l’avvenimento che ci ha sconvolti tutti: l’omicidio di Giulia Cecchetin». La Venia racconta, con grande tatto, come la storia di questa ragazza di 21 anni abbia toccato ognuno di noi e persino lui, abituato alla crudeltà della cronaca. Ha rivelato poi dei retroscena del funerale che hanno permesso agli studenti di comprendere meglio l’uomo dietro la penna e apprezzarne
l’umiltà. Così ha confidato che, da telecronista dei funerali, sapeva che il padre avrebbe tenuto un discorso ma non si aspettava quanto sarebbe stato emozionante. Tutti erano in lacrime, Giuseppe compreso, ma da lì a poco avrebbe dovuto parlare in diretta nazionale: sapeva che al termine del discorso doveva prendere la parola, ma era anche consapevole di non esserne in grado per la commozione provata.
Ognuno di noi però ha il suo porto sicuro, un rifugio in cui potersi calmare e ritrovare la forza per andare avanti: La Venia tutto questo lo trova nel calcio. «Pensare ai possibili schieramenti di una partita, a quel pallone che corre da una parte all’altra del campo mi ha sempre donato un senso di serenità e in quel caso mi è servito per tenere a bada le lacrime in diretta». Non a caso la sua passione per il giornalismo nasce proprio facendo le telecronache delle partite: parte da Adrano, suo paese di origine, passa per Catania, “dove puoi sbagliare su tutto ma non su calcio e sant’Agata”, fino ad arrivare al TG1. Da giovane ha pure provato a giocarle le partite, «ma durante una di esse l’allenatore mi ha sostituito con un mio compagno dicendo che ero più bravo in panchina a fare la telecronaca. In fondo raccontare mi è sempre venuto meglio di giocare». Ecco, quindi, che quella
vecchia passione lo riporta coi piedi per terra ricordandogli l’impegno preso con i telespettatori.
La Venia è un giornalista dalle mille sfaccettature, non si è mai tirato indietro in situazioni che potevano andargli strette. È stato anche inviato di guerra in Ucraina ma, contrariamente ad ogni aspettativa, ha raccontato che l’esperienza che gli ha lasciato maggiormente il segno è stata un’altra:
il 16 settembre 2023, durante le prove per lo spettacolo delle frecce tricolori, in occasione dei 100 anni dell’Aereonautica Militare a Torino, un aereo ha perso il controllo in fase di decollo. Il pilota è stato talmente attento da far atterrare il velivolo lontano dai presenti, riuscendo a lanciarsi in sicurezza. Purtroppo però, un’ala incandescente è caduta in strada colpendo un’auto con a bordo madre, padre e due bambini. Il padre è riuscito a tirar fuori dall’auto la moglie e il primogenito ma non è riuscito a fare lo stesso con la bambina di soli 5 anni. «Arrivato sul posto ero senza parole. Di fronte a eventi come questi senti le tue certezze vacillare». Ma non può certo vacillare l’umanità del
giornalista.
La Venia ha inoltre raccontato ai ragazzi che con gli anni non è cambiato solo il tipo di notizie che racconta ma anche il suo approccio con le persone coinvolte: «A vent’anni avevo una grinta che mi portava a sfondare le porte per avere un’intervista. Oggi non vi nego che nel caso della bambina delle frecce tricolore avevo il padre a portata di microfono ma non me la sono sentita di allungarglielo. Questo potrà sembrare un limite ma è in realtà un segno di rispetto che di fronte al dolore degli altri bisogna sempre mantenere: oltre la notizia, è un segno di sensibilità perché ci sono dei momenti in cui il silenzio vale più di mille parole».
Sensibilità, umiltà e passione per un mestiere che nasce e rimane servizio: questi i valori che Giuseppe La Venia ha trasmesso agli studenti. Speriamo di riuscire a custodirli con cura.
Lorena Papotto e Jennifer Papotto
Personale scolastico
Docente