23-24.Può lo sport essere inclusivo? La storia di Peppe e Mimmo al “Benedetto Radice” di Bronte

Due testimonianze di resilienza e inclusione per trasmettere agli studenti della nostra scuola i veri valori dello sport e la forza di non arrendersi mai

Lorena Papotto

Due testimonianze di resilienza e inclusione per trasmettere agli studenti della nostra scuola i veri valori dello sport e la forza di non arrendersi mai

«Le nostre vite non erano finite, era solo cambiato il modo»: sono le parole ricche di emozioni e determinazione di Mimmo e Peppe che si sono raccontati durante l’incontro dal tema “Disabilità, sport e inclusione” svolto nell’aula magna del “Benedetto Radice” di Bronte lo scorso mese.

CHI SONO? Peppe e Mimmo, due ragazzi che nel 2014 vivevano a pieno la loro giovinezza, con tutti i divertimenti e le risate che caratterizzano quell’età. Due ragazzi che, un giorno, hanno aperto gli occhi con la certezza che ogni cosa sarebbe cambiata. A seguito di due incidenti avuti nel giro di pochi mesi, hanno perso l’uso delle gambe. Lesione alla colonna vertebrale: è questa la diagnosi che gli venne comunicata in ospedale dopo i vari accertamenti. Avevano soltanto 18 anni e niente sarebbe stato come prima.

OGNUNO È ORIGINALE. Due ragazzi, due persone diverse, due reazioni all’inizio opposte: Mimmo ama la vita in ogni sua forma per questo non si è mai perso d’animo, ha soltanto cambiato il suo punto di vista, si è adattato alla sua nuova condizione ed è tornato a sorridere. Questo non vuol dire che il suo percorso sia stato privo di dolore o di difficoltà, anzi. Mimmo ha dovuto cambiare casa, ha dovuto reimparare a vivere sotto ogni aspetto e ha trovato la sua forza nello sport che, prima invece, non aveva mai considerato. Peppe invece questa forza di reagire e di accettarsi non l’ha trovata subito. Non riusciva a dire addio alle sue gambe, non riusciva a pensare a un futuro in quella nuova condizione; «Non posso fare più niente»: i suoi pensieri erano fermi solo su questo concetto. «Avevo bisogno di essere spronato. Se Mimmo avesse pensato al colore della sedia a rotelle, io non avrei voluto saperne nulla, volevo solo fare fisioterapia e tornare a camminare. Ognuno ha i propri tempi di reazione quindi se qualcuno è più avanti di voi non sentitevi indietro. Ognuno è fatto a modo suo ed è originale», racconta Peppe con la voce incrinata dall’emozione. 

COS’È L’INCLUSIONE? È una domanda delicata, semplice ma anche complessa, che i due ragazzi hanno rivolto agli studenti commossi dal loro racconto. «Non lasciare indietro nessuno. In certi casi, una persona va spinta anche con la forza se necessario» è la risposta di uno studente, Alessandro Russo, che colpisce nel punto più vulnerabile di Peppe, una risposta in cui egli rivede se stesso e coglie l’occasione per ringraziare quelle persone che con lui non si sono mai arrese.

ESISTE UN LIMITE? Sono due ragazzi che non si conoscevano ma che erano legati da un unico destino che li ha portati ad incontrarsi al centro di riabilitazione. Lì Mimmo e Peppe si conoscono; lì inizia il loro percorso verso ciò che sono oggi: due atleti paralimpici, due ragazzi che vivono la vita pienamente, con più consapevolezza del loro corpo e senza mai fermarsi davanti alle difficoltà o ai limiti. Infatti, è proprio “What’s the limit?” il motto della loro splendida associazione che ha come unico scopo quello di lasciare un messaggio alle nuove generazioni: vivere sempre a pieno. Adesso si fanno chiamare “Crazy on wheels” perché quelle ruote su cui sono costretti a stare giornalmente non gli impongono limiti ma soltanto nuove possibilità che questi due ragazzi sono sempre pronti a cogliere a braccia aperte e con coraggio.